storia & arte

Il Presbiterio

Nelle antiche chiese, dette Basiliche, il fondo era costituito dall’abside che chiudeva l’aula in forma circolare. La parte superiore dell’abside era in forma concava, detto catino, nel quale veniva raffigurato il volto o la persona di Cristo, detto Pantocrator, parola greca che significa «Creatore e Signore di tutto».
Il fondo della nostra chiesa non è rotondo ma piatto ed è costituito dallo scendere del soffitto che degrada fino ai sedili del coro.
Prima di leggere quanto molto originalmente è dipinto sul soffitto, diciamo che questa zona, racchiusa ai lati dal restringersi dei muri laterali, si chiama Presbiterio, perché questo era il luogo un tempo riservato ai presbiteri (=anziani), oggi ai sacerdoti o a tutti coloro che in qualche modo servono alle celebrazioni liturgiche.

Questa è la zona sacra per eccellenza, in quanto vi si trovano la mensa per la celebrazione dell’Eucaristia e il Tabernacolo dove si conserva il Corpo del Signore. Questa parola Tabernacolo significa e ricorda la tenda antica del Vecchio Testamento, detta «Tenda del Convegno», posta fuori dall’accampamento israelitico, dentro la quale si conservava l’Arca; qui Dio dava «udienza» al suo popolo o ai suoi intermediari. Il Tabernacolo della nostra Chiesa si trova al centro di un’architettura a triangolo, quel triangolo che compare spesso nella struttura di tutta la chiesa e richiama il mistero trinitario. Il Tabernacolo, particolarmente prezioso, è in Onice del Marocco, rosso amaranto ed occhialino. 

Tutta la zona dell’altare presenta una grande ricchezza di pietre e di marmi, ma prima di elencarli ci piace trascrivere dal libro dell’Apocalisse la descrizione della Chiesa paragonata a una città: «La città era d’oro puro, splendente come cristallo; le sue mura erano di diaspro. I basamenti delle mura erano ornati di pietre preziose di ogni genere…» Il testo continua enumerando ben dieci pietre preziose.
La presenza di questa ricchezza è data dal fatto che in essa vi abita l’Agnello, cioè il Signore Gesù. Alla luce di questo testo biblico si può capire e apprezzare quanto nella nostra chiesa è stato profuso in fatto di pietre. Trascrivo da una cronaca di trent’anni fa: «I pavimenti sono in pietra di Trani, travertino e rosso Colemandina. Le gradinate che portano agli altari, sono realizzate in Breccia Aurora, Cipollino Apuano e Bianco Statuario. L‘altare maggiore ha i gradini in Rosso Colemandina; la mensa è in giallo Siena ed il Sacro Tabernacolo in onice del Marocco; altrove rosso Amaranto ed Occhialino». (A.P.M. 1959).
Tutta la struttura del Presbiterio (ricordiamo che la chiesa fu costruita prima del Concilio e inaugurata il 19 ottobre 1958) era nella forma tradizionale, cioè la mensa legata alla parete del Tabernacolo. Per rispondere alle nuove esigenze della liturgia rinnovata dal Concilio Vaticano Il (su disegno dello stesso architetto Giovanni Muzio), la mensa fu staccata e portata sul davanti del Presbiterio a tutta vista del popolo. La sedia Presidenziale con sfondo marmoreo in breccia aurora fa da sfondo.
Furono eliminate le balaustre sul davanti del Presbiterio e furono recuperati tutti i marmi che sono stati impiegati per la predella della mensa dell’altare. Ne è risultato un tutto armonico e ben strutturato con il coro in legno, non più isolato dalle portine prima esistenti.

I quattro Evangelisti

Prima della ristrutturazione dell’altare ad opera dell’Architetto Muzio, sul fianco sinistro dell’altare maggiore esisteva un pulpito in legno, ornato di quattro formelle rappresentanti i quattro Evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Quando fu tolto il pulpito, furono recuperate le quattro formelle che costituivano la parte artistica, opera del Prof. Antonio Majocchi.
I volti dei quattro Evangelisti sono sbalzati dal fondo con i simboli tradizionali; sono fisionomie intensamente interiorizzate come nell’attesa di trasmettere un messaggio di somma importanza.
Quale collocazione migliore di quella dove ora si trovano? Le pareti dell’altare maggiore offrono ora le immagini di coloro che, per iscritto, ci hanno lasciato la grande testimonianza di Cristo.

Alzando gli occhi

Se ora alziamo lo sguardo al soffitto del Presbiterio, vi scopriamo un grande discorso biblico-teologico. Apre il simbolismo dei disegni la scritta: «Ed ora qual è la nostra attesa? Non forse il Signore? Ogni mio bene è in te». Il Signore che in Cristo si rivela Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, è simboleggiato, al di sotto della scritta, in un grande cerchio fiammeggiante. 

La mano che scende dall’alto, indica L’opera creatrice del Padre che dona Suo Figlio Gesù per la salvezza del mondo, rappresentato dalla Croce, mentre tutto vivifica e tutto trasforma nell’opera dello Spirito Santo raffigurato dalla Colomba ad ali spiegate. Da questo cerchio di fuoco, sorgente inesauribile dell’infinita ricchezza di Dio, fluiscono lingue ardenti che scendono ad infiammare una costruzione turrita e fortificata che simboleggia la Chiesa, comunità dei credenti in Cristo, dove si vive la vita di figli fecondati dallo Spirito Santo.

La costruzione con due torri quadrate agli estremi e una torre merlata al centro dice robustezza, sicurezza e perennità. Ricordiamo le parole di Gesù a Pietro: «Tu sei Pietro esu questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt. 16, 18).
Così l’autore dell’Apocalisse: «Lo spirito mi trasportò su una grande montagna molto alta, e l’Angelo mi mostrò Gerusalemme, la Città Santa che appartiene al Signore… Le sue mura erano solide ed elevate, con dodici porte… La città era quadrata, di larghezza uguale alla lunghezza.»(Apoc. 21, 10…)
Questa città, vivificata dalla presenza dello Spirito che la ricrea e la rinnova continuamente, non è isolata dal mondo che le sta intorno, ma è la Sua presenza che fa fiorire il deserto e fa crescere sull’olivo troncato del Vecchio Testamento, il virgulto nuovo, fecondo e portatore di pace; i fiori e l’ulivo all’esterno dell’edificio ne sono il simbolo. La chiesa, simboleggiata dalla costruzione descritta, è comunità che prega, loda, ringrazia perennemente il Suo Signore per le opere meravigliose da Lui compiute nella creazione e nella redenzione.
A questa visione mirabile della Chiesa mancava qualcosa. Lo intuirono i religiosi della comunità parrocchiale della Creta leggendo il passo degli Atti degli Apostoli: «Erano tutti concordi, e si univano regolarmente per la preghiera con le donne, con Maria, la Madre di Gesù e con i suoi fratelli». (At. 1,14)

Maria, Madre della Chiesa

Era un’immagine di Maria che mancava al grande affresco della chiesa, infatti il Concilio Vaticano Il, che la propone come tipo e immagine della chiesa, non era stato ancora indetto.
Un’immagine di Maria che saldasse la chiesa pellegrina nel mondo con la chiesa contemplata gloriosa nei cieli, sembrò necessaria.
Un francescano, padre Nazareno Panzeri, già conosciuto nel mondo dell’arte, fu incaricato di modellare una statua in creta, senza colori, di Maria Madre della Chiesa.

Lo scultore ha voluto fissare due momenti della Madonna, contemplata come Madre della Chiesa. Il volto sereno dal quale traspare un raccoglimento interiore, con gli occhi abbassati verso l’assemblea, dice la presenza di Maria nel mondo credente e non credente, come la madre presente costantemente nella vita dei figli. Il volto a sua volta si anima nel movimento delle mani; la destra leggermente alzata è invito ad accostarsi a Dio, mentre la sinistra, che sostiene il lembo del vestito, è distesa nell’atto di ricevere e di donare. La statua ha ora la sua collocazione nel coro. Proprio nel coro, il luogo dove i frati più volte al giorno si ritrovano insieme a pregare e a meditare per se stessi e per la comunità parrocchiale, Maria diventa l’immagine più concreta di ciò che la preghiera è nella vita di ogni cristiano.
Il Presbiterio, luogo della Parola e dell’Eucaristia, si completa in quel retro altare dove un cerchio di schienali e di sedili in legno, detti stalli, aprono sotto lo sguardo di Maria la vita dei credenti a un dialogo ininterrotto con il Padre, il Figlio e Io Spirito Santo e con il mondo.