storia & arte
L’ingresso
La nostra Chiesa ha un atrio, a cui si accede da tre porte, che prepara e dispone l’animo all’incontro col Signore staccando, almeno per un breve lasso di tempo, il luogo dell’adunanza del Popolo di Dio dalla strada. Non sono molte le Chiese che hanno un atrio come il nostro. Dove non c’è, si rimedia con la cosiddetta bussola o piccolo atrio in legno che isola, in un certo senso, la Chiesa dalle porte d’entrata.
Nelle antiche Basiliche vi era il nartece, un vestibolo nel quale restavano i catecumeni e i penitenti, gli uni perché non ancora battezzati, gli altri esclusi per gravi colpe commesse. A fianco delle due porte laterali vi sono le vaschette dell’acqua benedetta. Intingere la punta delle dita e segnarsi è un richiamo al Battesimo per il quale il cristiano è nato, attraverso la purificazione dal peccato, alla nuova vita. Di Battesimi e di purificazioni ci parla il Battistero posto sulla sinistra di chi entra: ha tutta la struttura classica degli antichi battisteri che, ricchi e meravigliosi, sorgevano fuori della Chiesa, per indicare che l’uomo può accedere alla comunione con Dio e con i credenti (significata dalla Chiesa) solo dopo il Battesimo. Chi non ricorda i Battisteri di Firenze, di Parma, di Pisa?
Il Battistero
Nel battistero si scende per quattro gradini, a significare l’antica vasca nella quale, come Cristo nel sepolcro, scendeva il battezzando per immergersi tutto nell’acqua e risalirne rinnovato dall’azione onnipotente dello Spirito Santo.
In mosaico la scritta sul pavimento: «Caro abluitur ut anima emaculetur» (che significa: “Viene lavato il corpo affinché sia mondata l’anima”) richiama il motivo di fondo del Battesimo. Sul lato sinistro una scultura in pietra lavica che presenta il tema tradizionale di Giovanni Battista nell’atto di versare l’acqua sul capo di Gesù. È opera dello scultore Lorenzo Pepe.
Al centro si erge la vasca per l’acqua battesimale, chiusa come uno scrigno da un Tabernacolo a vetri, sormontato da una cupoletta in metallo. Ma se alzi gli occhi al soffitto del battistero e poi degradi lungo le pareti, puoi leggere in immagini tutto il Credo della fede cattolica. Al sommo del soffitto la raffigurazione tradizionale dello Spirito Santo, in forma di colomba, che è amore sostanziale del Padre con il Figlio, vita, luce, forza. Da Lui, come da sorgente, parte una stella cometa che si protende fino alla scena della natività, in mosaico, sulla parete sinistra. Le immagini tradizionali del presepio hanno un loro fascino perché soffuse di dolcezza. Maria, in particolare, che tiene sulle ginocchia Gesù neonato. Un presepio nel Battistero è accostamento felice: è dalla nascita di Gesù, il Salvatore, che inizia la nuova umanità la quale nascerà alla vita divina con il Battesimo. Tutto intorno sulle pareti, tagliate da lunghe finestrelle a vetri colorati, la formula del Battesimo e il Credo in lingua latina. Ma sia tale formula che il Credo sono illustrati da mini-mosaici non in totale evidenza, ma emergenti da una patina di cemento. Voleva forse l’autore simboleggiare il neobattezzando che un po’ alla volta ascende alla vita piena, di cui il battesimo non è che l’inizio? Può essere solo una nostra lettura, ma ci piace proporla. Ora che il Battistero, per la sua piccolezza, non si presta più all’amministrazione dei Battesimi, dopo la riforma del rito voluto dal Concilio Vaticano II è stato trasformato in Cappella Votiva «Alla solidarietà umana».
Vi sono presenti:
AVIS (Associazione Volontari Sangue)
AlDO (Associazione Donatori Organi)
AVO (Associazione Volontari Ospedalieri)
Nella vasca racchiusa da vetri è stato collocato un artistico simbolo dei donatori di sangue: le due mani protese verso una mano da cui gocciola il sangue. E’ un po’ il simbolo delle altre associazioni. L’opera pregiata è della bottega Fiorentini di Via Bobbio, a Milano.
Il Crocifisso
Di fronte al Battistero nella parte destra dell’atrio è posto un artistico Crocifisso in legno, di scuola lombarda del XV secolo.
Il corpo del Cristo ritto sull’asta verticale, il petto tutto ritratto nella cassa toracica nello sforzo supremo del respiro, il capo leggermente inclinato verso destra, la bocca socchiusa, le labbra inaridite dalla febbre fanno di questo Crocifisso l’immagine viva e palpitante dell’amore di Gesù.
E su questa immagine dolorante e serena che si polarizza la devozione dei cristiani della Creta: i lumini costantemente accesi ne fanno fede.
E sta bene che sia nell’atrio, quasi a salutare ogni fedele che entra per incontrarlo vivo nel suo Corpo e nel suo Sangue.

La Cappella mortuaria
A fianco dell’edicola del crocifisso si accede alla Cappella mortuaria della famiglia Cabassi. Era consuetudine antica seppellire i morti nelle Chiese. Tale consuetudine ha una sua ragione spirituale. La Chiesa in muratura significava la Chiesa spirituale nella quale sono in comunione i credenti, ancora in questa vita, con quelli che già sono trasmigrati all’altra. Le tombe nelle Chiese rappresentavano anche fisicamente questa realtà. I fedeli che si recavano alla Chiesa per la preghiera si sentivano come in presenza e in comunione con i loro cari.
Poi vennero le leggi napoleoniche che vietavano la sepoltura dei morti non solo nelle chiese ma anche in luoghi vicini all’abitato; leggi che divennero comuni a tutta l’Europa. Ci furono però lodevoli eccezioni, come la sepoltura dei Vescovi nella propria Cattedrale o di personaggi illustri sepolti in Chiese o in monumenti dentro l’abitato.
La Famiglia Cabassi benemerita per aver donato alla Diocesi di Milano il terreno e tutto il complesso parrocchiale: chiesa, oratorio, convento, ottenne, tramite l’Arcivescovo di Milano, dall’allora Presidente della Repubblica, il permesso di avere una Cappella mortuaria nell’ambito della chiesa. Primo ad esservi sepolto fu Giovanni Cabassi, morto all’età di 54 anni. Fu proprio per ricordare il marito che la vedova, sig.ra Farina Cabassi, volle la chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Alcuni anni più tardi la stessa Signora Luisa trovò sepoltura accanto al marito. La Cappella è arricchita da una scultura in marmo, opera dello scultore Lorenzo Pepe e rappresenta l’Addolorata Maria che tiene fra le braccia il suo figlio Gesù staccato dalla Croce. È il simbolo della speranza cristiana di fronte alla morte. Maria, non è la donna disperata, ma la donna del dolore che si apre nella luce della risurrezione. Di bella fattura il crocifisso e i due candelabri dell’altare nonchè la piccola vetrata rappresentante il Cristo risorto, del pittore Alberto Salvioni. Il dono di una chiesa come quella di San Giovanni Battista alla Creta merita, oltre ogni giudizio, un grato ricordo per i donatori.
La rampa
Al tempo in cui fu costruita la nostra Chiesa esisteva un problema dell’accesso: i gradini della facciata, più o meno numerosi, non ponevano ostacoli. Non che allora non ci fossero persone in difficoltà, anche grave, a salire dei gradini; era un fatto di poche persone e la cultura architettonica dì quel periodo non era matura per queste problematiche. L’evolversi della società, una maggiore attenzione a certe categorie di persone emarginate per difficoltà motorie, uno studio per fornire loro un qualche mezzo sostitutivo – vedi le carrozzelle di ogni tipo – ha lentamente posto il problema nelle costruzioni, soprattutto dei luoghi pubblici. E quale luogo più pubblico della Chiesa dove ognuno ha il diritto di potervi accedere senza chiedere sempre l’aiuto ad un altro?
È nato il problema di una rampa. Per la nostra chiesa non era di facile soluzione. Si trattava di trovare spazio sufficiente a coprire il dislivello tra il piano terra e il piano rialzato della Chiesa, senza minimamente intaccare il disegno architettonico della costruzione.
Furono anni di studio e di progetti. Ma nessuno sembrava rispondere alle necessità sia tecniche che architettoniche. Una soluzione, alla fine, venne: fu una felicissima intuizione, tanto da chiederci come non fosse stata pensata prima. Ora, sulla destra della facciata, nel giardino che la fiancheggia, la nostra Chiesa ha acquistato la sua bella rampa. Carrozzine di ogni tipo e anziani in difficoltà, possono accedere alla chiesa con facilità; sono state studiate tutte le soluzioni possibili perché il tutto risultasse in armonia con il resto. Non solo l’architettura d’insieme non ha perso nulla, ma ha acquistato un elemento di movimento e di snellezza. Un fine lavoro artigianale interno ha conferito al tutto il sapore di antico, al punto da ritenere, per chi non lo sapesse, che la rampa sia nata con la Chiesa stessa.
