storia & arte | le navate

L’architettura dell’interno

La Chiesa si sviluppa lungo l’asse est-ovest con una forma volumetrica crescente dalla fronte verso l’abside, fiancheggiata dal campanile (altezza della croce mt. 36).
La platea destinata ai fedeli consente una superficie utile di mq. 700. L’architetto Giovanni Muzio ha concepito un’originale soluzione planimetrica della Chiesa, a forma di giglio, che da una base all’ingresso di mt. 17, si apre a calice per una larghezza di mt. 30 sul transetto, ove fanno corona il presbiterio, di mq. 100, sede dell’Altare maggiore, e quattro Altari laterali in posizione frontale verso i fedeli. La disposizione dell’apparato religioso è tale da consentire la visuale da qualsiasi punto.

Le navate

L’aula della Chiesa è divisa in tre navate: la più grande al centro e le due laterali fiancheggiate da sei colonne per parte. Le dodici colonne rivestono un grande simbolismo: rappresentano i dodici Apostoli che, mandati da Cristo nel mondo, con la parola e con la loro testimonianza, sostenuti e guidati dallo Spirito Santo, hanno costituito la nuova famiglia, la Chiesa di Dio.  
Il Libro dell’Apocalisse, parlando della Chiesa costruita come una città perfetta, così descrive alcuni particolari: «Le mura poggiavano su dodici basamenti, e su ciascuno di questi era scritto un nome, quello di uno dei dodici Apostoli dell’Agnello». (Apo. 21, 14). La testimonianza degli Apostoli è viva ancora oggi nella Chiesa, perché in ogni Chiesa in muratura è simbolicamente designata la famiglia dei figli di Dio, uniti nella stessa fede da loro insegnata.

Le vele

Le pareti di un solo colore invitano ad alzare gli occhi al soffitto che riproduce, in forma di vele, una tenda gettata su traversi.
Lo stupore dell’uomo di oggi che va a visitare una delle Chiese antiche, nasce dallo scoprire la ricchezza e la bellezza dei mosaici che raccontano in modo disteso e completo l’Antico e il Nuovo Testamento. 

Le pareti un tempo divenivano tanti enormi fogli di lettura dove ogni credente poteva, solo che si fermasse un momento, leggere la storia vera dell’umanità, perché raccontata con l’aiuto di Dio. Adamo, Noè, Abramo, il diluvio, la torre di Babele, il Re Davide, i Profeti… diventavano i personaggi non del passato, ma del presente, perché ognuno vi si poteva scoprire. Certo, non con lo splendore del mosaico, ma con un sistema di pittura quasi indistruttibile, quello dell’affresco graffito, il soffitto della nostra Chiesa ripete, in sintesi stupenda, tutta quella storia che partendo dalla creazione arriva alla manifestazione totale di Dio nel suo Figlio Gesù, per continuare lungo tutta la storia fino alla fine del mondo, con la sua creatura, la Chiesa. Sono sei grandi lavagne che riproducono il cadere del tessuto gettato sulle travi di una enorme tenda; sono altrettante vele che spingono lo sguardo sempre più innanzi. Per una lettura attenta e comprensibile bisognerebbe stare con gli occhi fissi all’alto, mentre una voce ci recitasse i passi biblici e un sottofondo di musica ritmasse il trascorrere da una vela all’altra. I dipinti sono stilizzati, quasi simboli di un profondo e ampio discorso, quello appunto di Dio che progressivamente si rivela e si fa conoscere all’uomo nella sua più profonda essenza. Tutta l’opera è del pittore Mario Zappettini.

Dal fondo, la prima vela apre il grande discorso: «Nel principio Dio creò il cielo e la terra». Mai parole tanto semplici sono state più esplosive; qui è il principio di tutto, qui è la ragione dell’esistere, qui è la parola più profonda, qui è la manifestazione di un mistero che è amore. Sì, perché Colui che crea lo fa solo per amore. Il tutto raffigurato in una fetta di terra dove fioriscono piante e cespugli al calore del sole e sotto la luce della luna e delle stelle, mentre gli uccelli fendono l’aria e sulle acque giocano i pesci.

La seconda vela segna la manifestazione di Dio a Mosé, scelto per fare di Israele un vero popolo, con leggi ricevute da Dio stesso. Ne sono simbolo il roveto ardente dentro il quale Dio parla a Mosé e le due tavole della legge. Il testo è tolto dalla Bibbia: «Queste sono le leggi che il Signore vostro Dio ha ordinato d’insegnarvi».

La terza vela ci fa passare da Mosé ai Profeti: «Gli uomini che Dio sceglie per sostenere l’Israele di Dio nella sua missione diportatore di speranza messianica». Tra le profezie messianiche, quella di Malachia precisa il luogo dove il Messia nascerà: la città di Betlemme, con la scritta profetica: «E tu Betlemme non sei l’ultima tra le città di Giuda perché da te nascerà il Messia».

La quarta vela accenna a tre temi fondamentali rivelatori di un Dio padre pieno di bontà e di misericordia, ma infinitamente giusto. Il tema della Provvidenza è illustrato da piante e fiori: e quale miracolo più bello e significativo di un Dio che fa nascere le piante e fa sbocciare i fiori per la vita e la gioia degli uomini? Il tema della Misericordia: sullo sfondo di una casa, si intravede un uomo in attesa e in basso un giovane che ritorna stanco e povero; è Cristo stesso che ha voluto descrivere l’amore del Padre, nella parabola detta del «Figliuol prodigo». Il tema della Giustizia è raffigurato dalla bilancia, dove i piatti sono sulla stessa linea. Solo Dio può operare una vera giustizia, perché solo lui conosce a fondo l’uomo, sua creatura.

La quinta vela riprende il tema di Dio con due pitture: alla sinistra di chi guarda in alto, un altare con il candelabro a sette braccia, simbolo, presso il popolo d’Israele, dell’Onnipresenza e dell’Onniconoscenza di Dio, con la scritta a fianco: «Questo è il primo comandamento: ama Dio con tutto il tuo cuore». Sulla destra, la scena del Buon Samaritano, la più bella, la più affascinante storia dell’amòre di un uomo per il proprio simile, sbocciata dal cuore e dalla parola di Gesù. È il secondo aspetto di un unico amore, spiegato nelle parole del Vangelo: «Il secondo (comandamento) è simile al primo: Ama il prossimo tuo come te stesso».

Così il soffitto della nostra Chiesa dìventa una catechesi biblica che ognuno può leggere e capire e che aiuta a penetrare nel mistero di un amore che non ha mai conosciuto sosta.

La sesta vela lo riassume e lo condensa con le parole dell’Evangelista Giovanni: «Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figliolo unigenito, affinché chi crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna» (Gv. 3, 16).

I Sacramenti

La grande vela sopra l’Altare maggiore, che conchiude il discorso biblico e lo apre sull’Eucarestia, richiede un discorso a parte. Al centro della vela campeggia la Croce piantata su una piccola altura di roccia da cui sgorgano sette ruscelli, che danno la sensazione di cadere sull’Altare. Ogni ruscello porta il nome dei sette Sacramenti: Battesimo, Cresima, Eucarestia, Penitenza, Olio degli Infermi (la dicitura «Estrema Unzione» ricorda il tempo anteriore al Concilio), Ordine, Matrimonio. Il significato teologico è molto chiaro: donde sono venuti all’uomo i Grandi Doni (Sacramenti) che gli danno la possibilità di nascere, crescere, svilupparsi in un rapporto di vita in comunione con Dio? Dal Dono che Cristo ha fatto di Sé al Padre; un Dono che è giunto all’estremo delle possibilità umane e si concretizza nella Passione e Morte di Croce. Gesù Cristo apre con il Dono d’amore la corrente di vita tra l’uomo e Dio Padre; quella corrente di vita che il peccato del primo uomo aveva volontariamente chiuso. Gesù Cristo, l’uomo nuovo, nuovo Adamo, Capostipite dell’umanità rinnovata e redenta, ha costruito con la Croce il «ponte» che ricollega Dio all’umanità. La Croce diventa in tal modo simbolo e segno di un amore che da allora non conoscerà più interruzioni fino alla fine del mondo. Quella Croce piantata nella nuda roccia ha fatto scaturire le sorgenti di acqua che sono i Sacramenti. Per essi l’uomo si abbevera alle sorgenti stesse di Dio. Al di sotto di questa vela e in dimensioni che dal basso non si riesce a valutare, su una trave che taglia tutta la luce del presbiterio, poggia un enorme Crocifisso in bronzo, opera dello scultore Angelo Bianchi, premiata alla Biennale di Venezia. Una lettura di questo crocifisso, dal lato artistico, potrebbe essere utile, se non fosse così difficile vederlo dal basso. Non è una ripetizione del crocifisso sopra dipinto dove la Croce spoglia porta solo due simboli della Passione (una corda e una corona di spine), ma la traduzione in scultura di un Cristo sofferente, agonizzante e morente in Croce per la salvezza del mondo. Tutto questo simbolismo ci porta, scendendo con lo sguardo, a capire il significato di quella tavola di pietra che forma la mensa dell’Altare, in marmo giallo di Siena. E’ dalla Pasqua di Cristo (la Sua Passione, Morte e Resurrezione) che la Chiesa trae la fede per rinnovare quanto Gesù ha istituito nell’Ultima Cena e ha comandato che si facesse in Sua memoria: «Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo… prendete e bevete questo è il mio Sangue… fate questo in memoria di me».